di Paolo Cardenà - Nel dicembre del 2011, nel decreto Salva
Italia, fu introdotto un meccanismo, chiamato ACE (Aiuti alla crescita
economica), finalizzato a premiare le imprese che, già dal periodo di imposta
2011, avrebbero effettuato operazioni di ricapitalizzazione, ossia che si
sarebbero dotate di maggiori capitali propri. A quei tempi, la stampa
sussidiata, presentò l'innovazione introdotta dal Ministro Passera come
un'iniziativa che avrebbe stimolato, e di molto, le operazioni di aumento di
capitale da parte delle società, proprio grazie ai benefici fiscali previsti
dalla normativa.
Dotare le imprese di maggiori capitali, equivale a
diminuire la dipendenza delle stesse imprese dal mondo bancario, sempre
agonizzante e perciò avverso alla concessione di linee di credito alle sistema
delle imprese. E' chiaro che un imprenditore che capitalizza la propria impresa
non dovrebbe certo farlo per un incentivo fiscale, ma per il semplice
motivo che, avere un'azienda adeguatamente capitalizzata, oltre a diminuire la
dipendenza dal mondo bancario, favorisce la realizzazione di economie in
termini di interessi passivi, e costituisce un ottimo biglietto da visita per
affacciarsi sul mercato, che chiaramente apprezzerà maggiormente aziende
adeguatamene patrimonializzate, ritenendole più affidabili rispetto ad
altre dotate di esegui capitali.
Ad ogni buon conto, lo spirito della normativa
è proprio quello di ridurre lo squilibrio
tuttora esistente fra un finanziamento con capitale di debito e con capitale
proprio, introducendo un beneficio che si sostanzia in una deduzione dal
reddito imponibile del rendimento figurativo degli apporti di capitale.
Tant'è che nella relazione
illustrativa del decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 14
marzo 2012, di attuazione della nuova disciplina, in cui si legge:
“l’obiettivo perseguito con l’ACE, tenendo
conto delle esigenze di rafforzamento dell’apparato produttivo del sistema
Paese, è quello di incentivare la capitalizzazione delle imprese mediante una
riduzione della imposizione sui redditi derivanti dal finanziamento con
capitale di rischio. Si tratta di una misura di riequilibrio, nel senso che l’ACE
intende migliorare il trattamento di sfavore del capitale di rischio rispetto
al capitale di terzi”
Quindi è un incentivo, di natura fiscale,
riservato ai soli titolari di reddito di impresa, al fine di rilanciare lo
sviluppo economico del Paese e fornire un aiuto alla crescita, agevolando le
imprese che rafforzano la propria struttura patrimoniale mediante una riduzione
della imposizione sui redditi.
Ma tanto per offrirvi l'idea di quanto sia
inadeguato tale incentivo e quanto siano distanti le posizioni dei
governi dalle reali esigenze delle imprese e, più in generale, dell'economia,
giova scendere nei numeri al fine di comprendere di cosa stiamo parlando.
Al netto dei meccanismi perversi di
determinazione di questo incentivo, esemplificando, in estrema sintesi,
ipotizzando che tra la fine del 2011 e la fine del 2012 il
patrimonio di una società si sia incrementato di 100.000 euro per effetto di un
conferimento in denaro effettuato il 01/07/2012, la società, per effetto
dell'applicazione di un coefficiente di rendimento nozionale posto dal
legislatore al 3%, potrà portare in deduzione del reddito di impresa la somma
di euro 1510, con un agevolazione di imposta di appena 415 euro. Una vera
banalità, insomma.
Se da un lato può essere condivisa la necessità di stimolare
le imprese affinché vengano dotate di maggiori capitali tali da migliorare lo
squilibrio esistente tra l'utilizzo di mezzi propri e di terzi, appare del
tutto irragionevole pensare come possa costituire un Aiuto alla Crescita Economica,
un incentivo fiscale di proporzioni così limitate che non consente affatto di
superare neanche lontanamente le difficoltà del sistema imprese prossimo
al collasso. La verità è che di soldi non ce ne sono e, verosimilmente, permanendo le condizioni attuali, continueranno a non
essercene per un lungo periodo. Le imprese dovrebbero capitalizzarsi e
quindi svilupparsi, non grazie ad un incentivo ridicolo pensato da un branco di
incompetenti, ma solo operando in un contesto "ambientale" più
favorevole per fare impresa.
Sarebbe del tutto assurdo pensare che oggi un
imprenditore sia disponibile ad investire risorse nella propria impresa,
quando egli conosce benissimo che, a distanza di poco tempo, queste risorse,
verosimilmente, potrebbero essere del tutto vaporizzate, sia per effetto della crisi, che
per una pretesa tributaria che, presto o tardi, aggredirà anche i nuovi
capitali investiti, erodendoli.
Se andassimo a verificare il tessuto
della normativa fiscale sul quale lo Stato fonda la sua pretesa
tributaria, ci accorgeremmo subito che è una normativa degna di uno stato
fallito, quale è l'Italia. Oltre al tema del livello della pressione fiscale,
che non ha eguali nel contesto mondiale, subito ci accorgeremmo che l'impianto
normativo è una raccolta di norme per nulla omogenee, disorganiche, talvolta
contraddittorie e per nulla attinenti allo sviluppo del contesto economico e
sociale intervenuto nel paese nell'ultimo trentennio. In pratica, sono norme
appiccicate l'una alle altre, senza alcuna soluzione di continuità e formulate
non in base ad una visione strategica della società, dell'economia e più in
generale della nazione, ma dallo stato di necessità delle finanze pubbliche,
che negli ultimi decenni, sostanzialmente, hanno sempre espresso crescenti
necessità di flussi finanziari (tasse) fino ad arrivare, negli ultimi
anni, a toccare il punto di non ritorno. In pratica, il (non)
senso osservato dal legislatore in questo lungo periodo,
sostanzialmente, è stato questo: mancano dei soldi? Bene, procediamo inasprendo
la pressione fiscale e facciamo cassa con l’introduzione di nuove imposte o,
molto più semplicemente, inasprendo quelle già esistenti. Questo, in buona
sostanza è stato il criterio ispiratore di tutte le manovre fiscali che si sono
varate in quasi un trentennio, trascurando del tutto gli effetti nefasti che
questo modus operandi avrebbe prodotto. Ecco quindi che sono state introdotte
un numero elevatissimo di imposte, tributi e adempimenti, proprio al fine di
colpire nuova materia imponibili e, talune imposte, sono delle vere e proprie stranezze.
Un normativa fiscale in perpetuo mutamento, oltre a disorientare il
contribuente ed esporlo ad una crescente possibilità di cadere nell’errore,
sempre pronto ad essere sanzionato, compromette anche la possibilità da parte
degli operatori economici, di effettuare una pianificazione fiscale delle
proprie attività scoraggiando gli investimenti.
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Complimenti per la lucida analisi complessiva.
RispondiEliminaNello specifico del citato aiuto che non aiuta, mi pare che un'agevolazione d'imposta di tale irrisoria entità percentuale possa essere goduta solo da una società di grandi dimensioni, per la quale il costo di istruzione della relativa pratica amministrativa e fiscale venga assorbito dal pur esiguo beneficio.
Ma se le dimensioni societarie non sono così rilevanti (il nostro rimane il Paese delle piccole imprese, nonostante tutto) ?
Ben altri effetti, su un sistema produttivo frazionato come il nostro, produrrebe una norma che premiasse l'entità percentuale dell'incremento del capitale di rischio in un certo periodo di esercizio.
In realtà il beneficio può essere goduto da chiunque abbia un reddito di impresa, purché in contabilità ordinaria. Ma si tratta sempre di una misura che riguarda prevalentemente le soc. di capitali. Sicuramente andrebbe stimolata la patrimonializzazione delle imprese, anche creando veicoli finanziari ad hoc. Resta il fatto che per investire in un'impresa, occorre quantomeno un ambiente favorevole perché si possa fare impresa e svilupparsi. Questo non mi sembra sia una virtù appartenente all'Italia. E' mia opinione che sarebbe indispensabile, oltre ad una massiccia deburocratizzazione, anche una profonda riforma fiscale che ponga delle nuove regole, chiare, stabili nel tempo, condivise, e rispettate. Grazie per il tuo commento
RispondiEliminaGrazie a te. Ancora complimenti per i tuoi interventi, che non sono mai banali e, quando sono critici, aprono comunque ad una discussione ed indicano, in positivo, una possibile soluzione.
RispondiEliminaBuon viaggio Don Gallo!!!!
RispondiEliminaMi associo anch'io al tuo saluto!!
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