di Paolo Cardenà - La notizia che si legge nelle colonne della stampa sussidiata, asservita
agli interessi dell’oligarchia bancaria regnante in Europa, è che Cipro,
grazie all'accordo raggiunto due giorni fa dai Ministri delle Finanze dei Paesi
dell'Eurozona, è stata salvata. Quella che potete leggere in questi
pixel, invece, vi racconterà della RAPINA patita dai ciprioti, che poi sarebbe
la vera notizia, e di quella che potremmo subire tutti noi.
I fatti ci dicono che nella notte tra venerdì e sabato scorso, l'Eurogruppo
ha raggiunto un accordo sul piano di salvataggio di Cipro, che prevede aiuti
finanziari per 10 miliardi di euro, per lo più a favore del sistema bancario
cipriota esposto nei confronti della plurifallita Grecia. Le banche cipriote,
che avevano investito in obbligazioni greche, si trovano in uno stato di
insolvenza a causa dell’haircut subito sul proprio investimento. La Grecia, è
quindi alla base delle difficoltà del sistema bancario cipriota, e le responsabilità
del dissesto vanno ricercate proprio
sulla pessima gestione della crisi greca da parte delle autorità europee, oltre
che sui mancati controlli da parte della banca centrale cipriota.
Come
contropartita agli aiuti finanziari, per
arrivare al budget necessario al salvataggio del proprio sistema bancario, l'Ue
ha imposto alle autorità cipriote di perpetrare un vero e proprio furto nei
conti correnti ciprioti, imponendo un'imposta patrimoniale sui depositi dei
correntisti di quasi il 10% delle somme giacenti superiori ai 100 mila euro, e
del 6.75% per quelle inferiori. Tanto per offrirvi la misura del prelievo, se
un correntista dispone di un conto corrente con saldo di 100 mila euro, dovrà
pagarne 10; mentre con un saldo di 50 mila dovrà pagarne 3.375.
Gettito
stimato: quasi 6 miliardi di euro, per lo più a carico dei cittadini ciprioti. Tuttavia,
il Primo Ministro cipriota, appena qualche ora fa, ha annunciato che si
starebbe lavorando ad una rimodulazione del prelievo al fine di offrire maggior
progressività all’imposta, con lo scopo di rendere meno invasivo il sacrificio su
quei patrimoni più esigui.
Se da un lato le misure adottate sono ispirate dalla volontà di colpire
capitali dell'Est Europa (principalmente russi) depositati nelle banche di
Nicosia poiché ritenuti di dubbia provenienza, dall'altro è inevitabile che le
misure che si introdurranno, colpiranno
anche gli interessi dei cittadini ciprioti, anche piccoli risparmiatori.
Infatti si stimano che i depositi di cittadini e società straniere dell'Est Europa ammontino a circa 20 miliardi di euro, che
produrrebbero un gettito di circa 2 miliardi. Da ciò se ne deduce che gli altri
4 sarebbero a carico dei cittadini ciprioti. Una vera e propria rapina
che andrà a colpire i piccoli patrimoni sudati dasemplici cittadini e, in
buona fede, custoditi in una qualsiasi
banca poiché ritenuto un modo comodo, pratico e sicuro, per custodire i
risparmi di una vita di lavoro e sacrificio. Nulla di più falso,
evidentemente, almeno nel contesto europeo.
Nel frattempo, le autorità
cipriote, allo scopo di evitare la corsa agli sportelli e mettere a punto
i meccanismi operativi per trattenere le somme di denaro oggetto
dell'esproprio, hanno disposto la chiusura delle banche fino a mercoledì prossimo.
Allo stesso modo si è inibita la possibilità di disporre trasferimenti di
depositi attraverso internet, anche a cittadini stranieri. Questo
aspetto, oltre a contrastare con il principio della libera circolazione
dei capitali previsto dagli articoli 56 e 60 del trattato CE, mina le basi della
stessa unione monetaria in uno dei sui caratteri ispiratori, che sarebbe,
appunto, la libera circolazione dei
capitali. Non solo, ma in Europa vige anche la garanzia sui depositi bancari inferiori ai 100 mila euro, e, in questo caso, con un tranello normativo, viene aggirata questa forma di tutela del risparmio, scavando la tomba del sistema di garanzia dei depositi nella Ue. Quanto sta accadendo a Cipro, almeno nel contesto
europeo, non ha alcun precedente storico, sia in termini di finalità
dell'esproprio, che dimensioni. In pratica si stanno stravolgendo gli elementi
fondanti l'economia, il mercato, il diritto di proprietà, e la tutela del
risparmio.
In altre parole, per il salvataggio del sistema bancario cipriota, anziché
far pagare pegno agli azionisti che hanno investito in capitale di rischio, o
agli obbligazionisti che evidentemente si sono assunti il rischio di
solvibilità dell'emittente, con metodi subdoli e degni di un vero e proprio
nazismo, vengono chiamati in causa ignari correntisti, che saranno costretti ad
accollarsi i costi (almeno in parte) del salvataggio del loro sistema bancario,
per certi versi non troppo dissimile dagli altri dei paesi dell'Europa
meridionale.
La decisione presa dalle autorità europee, che dovrà comunque essere
approvata dal parlamento di Cipro, appare gravissima, inquietante e
rischia di costituire un precedente pericoloso che potrebbe produrre effetti
imprevedibili su tutta la zona Euro, minando la fiducia proprio verso quelle
banche e quei paesi in difficoltà. Invero, questo, potenzialmente,
potrebbe innescare una fuga di capitali dai paesi alle prese con difficoltà
finanziarie, accelerando il processo di disgregazione dell'euro. Il messaggio
che rischia di essere il detonatore di una situazione già di per se esplosiva è molto semplice, quanto intuibile,
poiché, stando al caso cipriota, i depositi in Eurozona non sono più garantiti,
o meglio possono essere aggrediti per
colmare buchi di bilanci statali e per salvare banche e banchieri, che in un certo
qual modo potrebbero sentirti ulteriormente legittimati ad osare ancora,
magari nell'utilizzo dei derivati nella
roulette dei mercati finanziari. Tanto poi pagherebbe il contribuente.
Benché le autorità europee si affannino ad affermare che il caso cipriota
costituisce qualcosa di isolato e non ripetibile, sarebbe comunque saggio
pensare che se ciò è accaduto già una volta, non si avrebbe ragione per
ritenere che non possa accadere una seconda o una terza volta ancora, magari
proprio nei paesi alle prese con maggiori difficoltà. E qui il pensiero corre
subito all'Italia. Anzi la
possibilità che in Italia possa essere posto
in essere un prelievo forzoso sui conti correnti, oltre a trovare un precedente
storico, con il Governo Amato che, nel luglio del 1992, in piena notte, applicò
un imposta patrimoniale dello 0,6% sui conti correnti, viene confermata da buon parte del mondo
politico. Infatti non costituisce affatto una novità sapere che Bersani sia
favorevole ad una imposta patrimoniale che colpisca patrimoni superiori al
milione e mezzo di euro.
Al di la degli aspetti tecnici che comunque rendono abbastanza
ardua l’applicazione di una simile imposizione (soprattutto se si volesse ossequiare a imprescindibili principi di
equità), chi pensa che il gettito derivante da una tassazione di questo genere,
ossia applicata su patrimoni di oltre il milione e mezzo di euro, possa essere elevato, sarà costretto a riformare la propria convinzione. La
preoccupazione è proprio quella che quando il prossimo governo italiano, prederà cognizione del fatto che il gettito
tributario prodotto da un’imposizione patrimoniale a quei livelli, è ben
lontano dalle aspettative, potrà abbassare significativamente il livello di
patrimonio soggetto a tassazione e ampliarne le tipologie di ricchezza al fine
di offrire maggiore materia imponibile. Questo, evidentemente, stante un quadroeconomico in inesorabile contrazione, potrebbe portare ad aggredire proprio i
capitali più semplici da colpire, ossia le giacenze sui conti correnti e le
attività che per sua natura si prestano ad essere tassate con maggiore
facilità, primi fra tutti i titoli di stato.
Ad ogni buon conto, il timore che la pratica adottata a Cipro per la
“soluzione” della crisi, possa essere esportata anche ad altri Paesi in
difficoltà, è supportato anche dalla recente approvazione del Two Pack da parte
del Parlamento Europeo, che pone de facto
i singoli parlamenti nazionali in una posizione di “sudditanza” e di subalternità
ai voleri della Commissione Europea che,
ricordo, è organo autoreferenziale privo di investitura democratica. A tal
proposito, tuonano quanto mai inquietanti le parole pronunciate qualche giorno
fa dal presidente della Bundesbank, Weidmann, secondo il quale “Se l’Italia
smetterà di proseguire sulla via delle riforme (leggasi rigore, ed austerità. N.d.r),
dovrà trarne le conseguenze sul piano economico, senza sperare in aiuti della
Bce”, nonostante l'Italia abbia già versato oltre 40 miliardi di euro neifondi salva stati. In altre parole, egli ribadisce un concetto molto chiaro e
cristallizzato nell’albo degli insuccessi di questa crisi, che poi sarebbe
quello del ferreo e imprescindibile rigore
tedesco che sta portando distruzione in quasi tutto in continente.
A conferma del delirio europeo, proprio ieri, il sito Usa Zerohedge ha
rilanciato la notizia secondo la quale
il capo economista della banca tedesca Commerzbank, avrebbe suggerito
che per stabilizzare la crisi del debito nell’eurozona, i paesi con maggiori
difficoltà e con maggiore ricchezza finanziaria netta, dovrebbero applicare un
imposta patrimoniale che colpisca tali attività. L’analista aggiunge che, nel
caso italiano, applicare un’imposta straordinaria del 15% alla ricchezza
finanziaria (titoli di stato, azioni, obbligazioni ecc.), dovrebbe essere
sufficiente a spingere il debito al 100% del Pil (oggi quasi a 130%).
Alla luce del quadro sopra delineato e soprattutto di quanto sta avvenendo a Cipro, dovrebbero apparire ben comprensibili le ragioni per cui
buona parte del mondo politico italiano (Bersani in testa), starebbe conducendo una crociata proprio contro l'utilizzo del denaro contante. In questo modo, per
semplice atto normativo, il sistema bancario vedrebbe svanire nel nulla
l'incubo di tutti i banchieri: la corsa agli sportelli. Ma ciò spalancherebbe le porte a scenari inquietanti per la libertà
degli individui, la tutela del risparmio, e più in generale per l'intera
democrazia.
LETTURA SUGGERITA: L'IMPOSTA PATRIMONIALE, SE LA CONOSCI LA EVITI
In una siffatta ipotesi, non verrebbero salvati neanche quelli che hanno aperto un conto in Svizzera alla luce del sole.
RispondiEliminaSe per luce del sole intendi l'indicazione in dichiarazione delle attività tedenute all'estero, direi che hai perfettamente ragione. E' evidente che il fisco potrebbe colpire tutto ciò che conoscere, nella sua collocazione e nella sua dimensione.
Eliminaci saranno sempre più intrusioni da parte di hacker nei sistemi delle banche
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