di Paolo Cardenà-
In un Paese normale, le
elezioni sono il cuore della democrazia, poiché rendono effettivo
l’esercizio della sovranità popolare costituzionalmente garantita. Eleggendo i
propri rappresentanti, sulla base dei programmi politici proposti, si disegna
il presente ed il futuro di una nazione e delle sue generazioni a venire.
L’esercizio del diritto di voto è quindi la
manifestazione più alta della vita democratica di un Paese poiché, ciascuno di noi, ha la possibilità di far valere, attraverso
l’espressione di voto, la sua opinione riguardo ai programmi politici che i
vari partiti presentano al giudizio degli elettori. In altre parole, il
programma politico, con tutte le misure previste, disegna l’azione di
governo a cui l’organo esecutivo si deve (dovrebbe) attenere nello svolgimento
del suo mandato. In altri termini, i programmi politici, sono la merce da
vendere agli elettori che, attraverso il proprio voto, si esprimono sulla bontà
o meno di talune iniziative politiche eleggendo o meno i vari candidati che
sostengono un determinato programma politico. Bella questo favola, vero? Peccato
che è una favola che non esiste, almeno nella dimensione spazio tempo in cui ci
troviamo a vivere, ossia nell’anno di grazia 2013, in un'area che potremmo
benissimo chiamare (n)eurozona, e più precisamente, in una Nazione chiamata
Italia.
Quindi, tornando con i piedi ben ancorati a terra, pur provando profondo rispetto per chi ha votato alle primarie del PD, non riesco a non nutrire un po' di tenerezza per coloro che hanno espresso quel voto. Per di più, pagando anche qualche quattrino e arricchendo le casse del partito guidato da Bersani che, a dire il vero, più che un partito, sembra essere una società immobiliare e finanziaria, visto il patrimonio di cui dispone e gli interessi che ha nel mondo finanziario ed economico. Ciò per il semplice motivo che chi ha avuto la volontà di partecipare alle primarie del PD, stando ai sondaggi e alle possibili alleanze più volte paventate dai vari leader, rischia di trovarsi con un Premier che non è detto che sia quello designato con il voto espresso in quella sede, nonostante, secondo gli ultimi sondaggi disponibili (i sondaggi noti risalgono alla prima settimana di febbraio, N.d.r.), esista comunque una manifesta (?) possibilità di vittoria della coalizione di centro sinistra alle prossime politiche, che va tuttavia diminuendo. Vittoria che rischia comunque di non essere sufficiente ad assegnare al Pd un numero di seggi tali da consentire la governabilità del Paese.
In quest'ultima ipotesi, l'appoggio della coalizione guidata dall'ex Premier Monti sarebbe indispensabile (ma forse non sufficiente) per ottenere la maggioranza nei due rami del Parlamento. Lo spettro temuto dai mercati, dai tecnocrati e dai banchieri europei, è che il risultato elettorale non consegni una maggioranza tale da garantire la governabilità del Paese. Più precisamente, il timore è anche quello che non venga ampiamente confermata la devozione europeista della nazione, con la nascita di un esecutivo sostenuto da ali estreme alle coalizioni non del tutto filo-europeiste. Tale preoccupazione, a parer di chi scrive, si sta esprimendo anche sul livello dello spread del BTP decennale rispetto al Bund tedesco che nelle ultime sedute, ha ripreso la sua risalita fino ad arrivare ad infrangere la soglia psicologica dei 300 punti base, per poi ripiegare timidamente.
L'eventuale ingovernabilità, con i mercati che a quel punto potrebbero mettere nuovamente sotto pressione il debito italiano, potrebbe spalancare nuovamente le porte alla formazione di un'ampia maggioranza tale da sostenere un nuovo governo tecnico, magari un Monti Bis o qualcosa del genere, purché apprezzato dai mercati. Ciò, in mancanza di un ulteriore tornata elettorale, che resta comunque un'opzione plausibile.
Insomma, in nome della salvezza
della nazione ( anche se resta da capire da chi e da cosa bisognerebbe
salvarsi, ma noi, questo, lo sappiamo benissimo), l'espressione democratica
verrebbe nuovamente immolata sull'altare sacrificale di una camera a gas chiama
Eurozona. Niente male come soluzione se considerassimo che il governo
Monti, sempre con il sostegno dei partiti della "strana maggioranza"
oggi in competizione, ha prodotto una devastazione economica di tale
ampiezza, per la quale, verosimilmente, occorreranno lustri per poter essere
riassorbita e risanata.
Devastazioni che, come abbiamo avuto
modo di scrivere reiteratamente in questo sito, oltre ad infliggere un duro
colpo alla struttura produttiva del Paese, ne ha travolto il ceto medio e
la classe operaia condannandola alla povertà e a condizioni crescente
indigenza.
Tuttavia, a parte questo
inciso, rimane comunque il fatto che quelle del prossimo 24 e 25
febbraio, comunque vadano le cose, potrebbero passare alla storia come le
elezioni più insignificanti dell'era Repubblicana. Al netto dei toni
propagandistici usati in questa pessima campagna elettorale, dove la
tendenza di fondo sembra più che altro quella di diffondere promesse che non
potranno essere mai mantenute, degne, peraltro, dei peggiori venditore di
tappeti persiani fasulli, se analizzassimo i programmi politici dei partiti
che si contendono la vittoria, subito ci accorgeremmo delle limitate differenze
esistenti tra vari schieramenti. Ciò in considerazione del fatto
che da questi programmi dovranno essere escluse quelle politiche
economiche (promesse propagandistiche) non conformi alle volontà delle
istituzione europee e, ancora peggio, agli interessi delle banche del nord
Europa (Germania in testa) che hanno investito nel debito sovrano
italiano. Invero, in conseguenza delle progressiva cessione della Sovranità
Nazionale, in un contesto ove le decisioni di politica economica
sono demandate ad autorità sovranazionali come sta accadendo, appunto, in
quello dell’Europa meridionale, succede che le iniziative intraprese
dall'esecutivo hanno limitati margini di tolleranza rispetto alle linee guida
imposte dalla Ue, dalla Commissione Europea e dalla Banca Centrale.
La crisi del debito che ha
colpito l'eurozona, e nelle specifico l'Italia, come è noto, ha imposto
politiche economiche mai contemplate precedentemente in nessun programma
politico. Anzi, queste sono risultate del tutto contrarie a quelle logiche
propagandate nella scorsa campagna elettorale dalla coalizione poi uscita
vincitrice dalle urne. Il tutto con buona pace della democrazia e
del voto espresso dagli elettori, immolato, morto e sepolto. La
retorica terroristica dello spread, cavalcata in modo criminale dagli
eurocrati, dai banchieri e dai politici, perfetti analfabeti economici, ha
imposto il cambio di un governo democraticamente eletto, sconvolgendo in
maniera profonda ogni logica di politica economica fino ad allora perseguita, a
torto o a ragione. Sia ben chiaro, qui non si sta discutendo delle capacità o
delle incapacità del governo precedente guidato da Berlusconi: questo è altro
discorso e non è il tema di questo articolo. Qui, si intende solo rappresentare
con quanta facilità è stata sovvertita la volontà popolare espressa con un voto
libero e democratico.
L'emergenza di una nazione data in
bancarotta, con complotti più o meno veritieri (non entro affatto nel tema),
ha imposto non solo un drastico cambio di politica economia, ma anche
un cambio del governo per mano dei diktat imposti dal Bce, dal Fmi e
dalla Ue. Se questo attacco alla democrazia è un evento già accaduto nel
recente passato, non si ha alcuna ragione per ritenere che questo non possa
verificarsi nuovamente. Soprattutto in un contesto economico che risulta
ben più deteriorato rispetto ad allora, e con un quadro di sostenibilità delle
finanze pubbliche e quindi anche del debito pubblico, anch’esso fortemente
deteriorato, se non compromesso. Insomma, un contesto nel quale urgono
decisioni importanti e cambiamenti profondi che necessitano di ampie
maggioranze e ampio consenso politico. Consenso politico che nasce già
distorto e viziato dalle esigenze europee e della Germania in primis, che,
tramite la Ue la Bce, traccia le linee di politica economica di tutto il
continente, Italia compresa.
Da ciò se ne deduce che la politica
economica dell'Italia, è formulata in base alle decisioni di queste entità,
espressione di nessuna investitura democratica e spesso in contrasto con gli
interessi generali della popolazione. Ciò che si vuole realizzare è la svendita
progressiva della Sovranità Italiana e delle eccellenze industriali ed
economiche del Paese a favore dei gruppi industriali ed economici stranieri,
tedeschi in testa. L'Italia sta per diventare un enorme bacino di manodopera a
basso costo, e le nostre aziende delle prede appetibili da poter acquistare
spendendo quattro soldi. Ciò che si sta consumando in questi giorni sul caso
Finmeccanica, ne costituisce un esempio eloquente e purtroppo non isolato.
La bagarre politica che sta andando
in onda a reti unificate in questa povera nazione, seppur in presenza di
limitati caratteri distintivi, ci conferma che, sostanzialmente, esiste
una convergenza dei vari programmi politici, soprattutto nei partiti più
grandi, notoriamente filo europeisti. Ne costituisce un esempio
più che evidente i vari annunci dei vari leader politici che, almeno a giorni
alterni, si esprimono confermando il loro consenso a favore delle politiche pro
euro, ricalcando, in buona sostanza, l'impronta segnata da Monti
con la sua azione di governo che, come ben sappiamo, è stata ispirata
dalla linea tracciata dalla Troika e soprattutto dalla BCE nella lettera
inviata all'allora Governo italiano nel corso dell'estate del 2011. I
programmi dei maggiori partiti sono appiattiti (per non dire proni) alle
politiche di austerità comandate dai tecnocrati europei. I rituali interventi
di Bersani, che sembra non opporsi minimamente alle drastiche misure di
austerità imposte dalla burocrazia europea, ne costituiscono un segno più che
tangibile. Anzi, per essere più precisi, egli, dopo aver ottenuto
l'investitura della Merkel, appare ancor più determinato a perseguire la linea
del rigore che, come ben sappiamo, si è già tradotta in un crisi
economica e sociale epocale per la nostra Nazione.
A conferma di ciò, egli non
nasconde affatto la volontà di non ridiscutere i termini del Fiscal Compact che
lui stesso ha votato. Come non nasconde la volontà di inasprire
ulteriormente le politiche vessatorie e di dominio nei confronti dei
contribuenti, secondo la sua logica, sempre presunti evasori. Ne
costituisce un esempio inquietante la volontà di eliminare il denaro
contate. Circostanza, questa, che precipiterebbe l'intera
popolazione nelle grinfie del sistema bancario che, a quel punto,
controllerebbe la vita e le abitudini di intere masse di popolazione
"vendendo" al Governo dati sensibili di ciascuno di noi, spalancando
così le porte ad un vero e proprio nazismo tributario. Insomma la
lotta all'evasione è diventato il mantra ideologico da cavalcare per occultare
il fallimento di un'intera classe politica. E su questi temi, si
potrebbe andare avanti per ore intere, ottenendo conferme inequivocabili
circa le linee programmatiche del prossimo Governo a marchio PD.
Ritornando al tema che ci occupa, possiamo
affermare che elezioni del prossimo 24 e 25 febbraio, al netto
delle considerazioni che si potrebbero esprimere sulla qualità dei
candidati -e qui, da dire, ce ne sarebbe davvero molto, al punto
che si potrebbero scrivere enciclopedie-, con ogni probabilità, saranno
le più insignificanti della storia repubblicana. O forse no.
Tra i maggiori, nessun
partito che sia riuscito a proporre un programma sostenibile, realmente
asimmetrico ed alternativo rispetto a quello adottato dall'avversario
politico, se non in termini di promesse elettorali che, sappiamo benissimo, non
potranno mai realizzarsi. La verità , cari signori, è che le
politiche economiche di questo povero Paese, sono comandate dalla BCE e i
partiti, qualunque essi siano tra i maggiori, con i leader che si ritrovano,
non hanno altra alternativa che asservirsi ad un sistema di compressione
dei diritti umani e conformarsi ulteriormente (se mai ce ne fosse bisogno) ai
diktat impartiti dai tecnocrati europei, dai trattati europei e dai mercati
finanziari. Tanto per intenderci, gli stessi che hanno condannato il
popolo greco alla fame e alla disperazione. Abbiamo una politica morta
popolata da politici zombie, chiamati ad ossequiare gli interessi finanziari di
mezzo mondo e gli interessi economici della Germania; ma non quelli degli
italiani.
In un contesto di questo genere,
dove tutto sembra essere appiatto e prono agli interessi europei, l'unico
movimento con un programma del tutto alternativo e con una base elettorale
significativa, in progressiva ascesa, è il Movimento 5 Stelle di
Grillo. L'unico, tra i partiti con ampio elettorato, a presentare al
vaglio degli elettori, un programma del tutto asimmetrico rispetto a
quello degli altri e che si prefigge di scardinare il sistema di malaffare e
malgoverno imperante in Italia. Un programma in netta
discontinuità e certamente di rottura rispetto alle logiche perseguite dalle
altre coalizioni.
Un movimento che potrebbe costituire
la testa d'ariete idonea ad abbattere il sistema di malaffare
creato da una politica avulsa ad ogni elemento di moralità ed onesta.
Un movimento nuovo e difforme
dagli stereotipi dei politicanti che hanno condotto alla catastrofe la nazione,
e che ora vorrebbero evocarsi l'onere di salvarla. Ma non si capisce come. Non
sorprende dover constatare che l'azione di contrasto all'avanzata del
Movimento 5 Stelle, venga per lo più fondata asserendo, in maniera del
tutto opinabile , che quello di Grillo sarebbe un movimento privo delle
capacità di governo necessarie per governare una Nazione come l'Italia. Questo
concetto, in realtà, si fonda sul nulla, oltre ad essere tutto da dimostrare. E qui, se pensiamo alla
cialtroneria e al pressapochismo dei politici che abbiamo avuto fino a questo
momento, possiamo agevolmente affermare che ci vorrà ben poco per fare meglio
rispetto al loro disastro. Certamente non occorrono dei professori.
In realtà la loro
bocciatura è già stata scritta dalla storia. E è una bocciatura senza appelli e
senza mezzi termini. Mentre la storia del Movimento 5 Stelle è ancora
tutta da scrivere.
Concordo pienamente, articolo molto esaustivo. Certi politici meriterebbero l'esilio dal nostro bel paese per come lo hanno ridotto alla fame e per averlo reso una colonia tedesca. Ma che Italiani sono? Non ci resta che sperare in una reazione del popolo
RispondiEliminaCaro Paolo cosa può fare una semplice persona oltre che commentare la verità...nulla,perché anche se togli un granello di sabbia dal deserto questo resterà sempre sterile...quando smetteremo d'essere individualisti e scopriremo cosa vuol dire altruismo allora la società prenderà la strada giusta...i colori sono solo forme di manipolazione utili per mettere i gioghi alle persone che dovrebbero costituire una nazione che progredisce per il bene di tutti e non per i privilegi di pochi..
RispondiEliminaFausto