di Paolo Cardenà-
Fanno parte insieme alle
banche d'affari e ai fondi speculativi, di quella oligarchia finanziaria che
sta facendo tremare il mondo. I loro giudizi si
abbattono su borse, mercati, titoli e anche istituzioni e enti governativi,
giudicandoli e assegnando loro un “voto”. Fanno il buono e il cattivo tempo,
prive di un controllo idoneo a stabilirne l’autonomia e l’imparzialità. Standard
& Poor's, Moody's e Fitch.
Sono queste, quelle che in gergo vengono definite le "tre sorelle", le agenzie che hanno il compito di esprimere giudizi sulla qualità del debito, di uno Stato, di una istituzione o di una società.
Sebbene, al mondo, si possano contare almeno una dozzina di società di rating, le tre sorelle, sono quelle che si dividono la fetta di mercato più ampia. Il loro compito, tra l'altro, è quello di fornire informazioni sul merito creditizio di un soggetto che ricorre al mercato per potersi finanziare. In altre parole, le agenzie di rating fungono principalmente da intermediari di informazioni tra coloro che emettono titoli e gli investitori, riassumendo, dopo le dovute analisi (non sempre), le indicazioni fondamentali del merito creditizio in una semplice lettera, che sta ad indicare una precisa classe di rating, dunque, un giudizio più o meno positivo, in base ad una scala espressa con lettere dell'alfabeto, ovviamente dietro pagamento di un certo ammontare da parte dell’emittente.
Sono queste, quelle che in gergo vengono definite le "tre sorelle", le agenzie che hanno il compito di esprimere giudizi sulla qualità del debito, di uno Stato, di una istituzione o di una società.
Sebbene, al mondo, si possano contare almeno una dozzina di società di rating, le tre sorelle, sono quelle che si dividono la fetta di mercato più ampia. Il loro compito, tra l'altro, è quello di fornire informazioni sul merito creditizio di un soggetto che ricorre al mercato per potersi finanziare. In altre parole, le agenzie di rating fungono principalmente da intermediari di informazioni tra coloro che emettono titoli e gli investitori, riassumendo, dopo le dovute analisi (non sempre), le indicazioni fondamentali del merito creditizio in una semplice lettera, che sta ad indicare una precisa classe di rating, dunque, un giudizio più o meno positivo, in base ad una scala espressa con lettere dell'alfabeto, ovviamente dietro pagamento di un certo ammontare da parte dell’emittente.
Con il proprio giudizio,
riescono a catalizzare l'interesse degli investitori a favore di una società o
di uno stato, il quale, godendo magari di un merito creditizio di elevato
standing, potrà finanziare il proprio debito con rilevanti flussi di
denaro, a costi tanto più ridotti quanto più alto sarà il merito creditizio
goduto.
In tal senso, proprio
perché tali agenzie, con il loro operato e il loro giudizio, riescono
ad influenzare in maniera predominante, non solo l'interesse o meno degli
investitori, ma anche politiche economiche e fiscali di intere nazioni - che
chiaramente auspicheranno elevati giudizi di merito creditizio al fine di
attrarre investimenti a bassi costi, varando così politiche fiscali ed
economiche propedeutiche a tal fine- godono di un grande potere che è quello di
influenzare non poco scelte economiche, fiscali e anche politiche, "imponendo",
talvolta, dei veri e propri cambi di governo.
Proprio per questo, le
società dovrebbero svolgere il proprio operato in regime di assoluta
imparzialità e autonomia, in assenza di qualsiasi conflitto di interesse e
certamente immuni da errori che possono compromettere la stabilità finanziaria
di un area geografica o, ancora peggio, portare a soluzioni governative non
espressione della volontà popolare.
Queste, abusando
del proprio status, talvolta, assumono un vero e proprio ruolo politico che si
manifesta proprio nell'espressione del proprio giudizio.
Evidenziata quindi
l'importanza che viene attribuita a questi enti nell'esprimere le proprie
pagelle, il cui significato può essere anche politico, appare del
tutto evidente ed indispensabile che queste debbano operare in regime di
assoluta imparzialità, autonomia e lontane da conflitti di interesse che ne
possano, in qualche modo, influenzare la formazione di meriti o demeriti
creditizi, immuni dal commettere, con ragionevole aspettativa, qualsivoglia errore
di valutazione. Ma in realtà ciò non avviene.
Queste agenzie, con le
loro valutazioni, concorrono alla formazione dei prezzi delle attività
finanziarie in tutto il mondo, favorendo e facilitando l’attività di
speculatori pronti ad avventarsi sulla loro preda, acquistando aziende a prezzi
svalutati, mettendo sotto pressione i prezzi dei titoli governativi e
impoverendo l’intera collettività. A conferma della tesi
che ho appena descritto, vale la pena ricordare che gli azionisti delle tre
sorelle, nella maggior parte dei casi, sono riconducibili più o meno
indirettamente sempre alle stesse banche o fondi di investimento. Sono infatti
questi ultimi, godendo di masse di denaro imponenti, a trarre il maggior
vantaggio dal lavoro delle agenzie. Ma chi sono, in sintesi, i proprietari di
queste società? Basta ben poco per accertarcene, e una semplice indagine ci
riconduce a tutti i nomi noti della finanza e della speculazione mondiale.
Prendiamo ad esempio
Sandard & Poor’s che ha una quota di mercato del 39% ed è presente in 23
paesi. La proprietà è del colosso delle comunicazioni , dell’editoria e delle
costruzioni McGraw-Hill Companies Inc. Questa società a sua volta è partecipata
per il 10.26% da Capital Word Investors, per il 4.47% da Black Rock Fund Advisor,
il 4.25% da State Street Global Advisor, per il 4.04% da Oppenheimer Funds Inc,
per il 4.58% da The Vanguard Group inc. e da decine di altri investitori.
Ma Capital Words
Investors non solo è azionista di S&P attraverso la partecipata McGraw-Hill;
è anche il primo azionista della concorrente Moody’s insieme Berckshire
Hathaway Inc (di proprietà di Warren Buffet) e al fondo americano State
Street Corp che a sua volta, allargando l’orizzonte, è partecipato da Barclays
Plc, Citigroup Co., Invesco International, Northern Trust Corp., Putnam
LLC.
E che dire dell’altro
fondo di investimento BlackRock che è l’undicesimo socio di Moody’s e il sesto
di Standard & Poor’s.
Black Rock a sua volta è
partecipato dalla banca di investimento Merrill Lynch che nel 2008,dopo
il fallimento di Lehman Brothers, è stata acquisita da Bank of America i cui
azionisti sono: Barclays Plc., di nuovo State Street Corporation, Axa, Putnam
LLC e altri fondi.
Analogo discorso si puo’
osservare anche per la terza sorella: Fictc Ratings. Qest’ultima è di proprietà
di Ficth Group che a sua vota è partecipata per il 40% dalla francese Fimalac e
peril 60% da Hearst Corporation. Queste ultime due società sono a loro volta
partecipate da un gruppo di fondi comuni britannici e americani.
Insomma, nel
groviglio di partecipazioni incrociate, si potrebbe andare avanti per ore
riconducendoci sempre ai nomi noti dell’oligarchia finanziari, figlia della
deregolamentazione intervenuta nel mondo della finanza americana (ma non
solo) per circa un ventennio.
Sicuramente questi
nomi, se non conoscete il mondo della finanza, vi diranno ben poco. Ma in
realtà, la maggior parte di loro, rappresentano i maggiori fondi di investimento
al mondo, con dotazioni finanziarie impressionanti e alla costante ricerca di
qualche buon affare a prezzi di saldo. Riescono a muovere centinaia di miliardi
di dollari con grande flessibilità e tempismo, speculando su azioni, bond,
titoli governativi e adottando tecniche di investimento e speculazione
sofisticatissime e, talvolta, con l’ausilio delle società di rating di cui sono
proprietari.
In altre parole, si
ritrovano sempre gli stessi nomi che controllano gruppi bancari o fondi di
investimento che a loro volta controllano le agenzia di rating. I fondi USA (ma
non solo), sono da un lato gli investitori, e dall’altro sono anche gli azionisti
delle agenzie che stilano le pagelle.
Giova ricordare che, la
maggior parte di questi gruppi bancari, nel corso del 2008 e negli anni
successivi, inghiottiti dalla tempesta finanziaria scoppiata a seguito
dell’esplosione della crisi dei mutui subprime, che loro stessi hanno creato,
hanno ottenuto miliardi e miliardi di dollari di aiuti pubblici per essere
salvati, favorendo un considerevole aumento del debito pubblico,
pressoché in tutti gli stai occidentali, che sono intervenuti per coprire le perdite
derivanti dalla crisi finanziaria del 2008. Ora queste stesse banche
speculano su debiti governativi che hanno contribuito a formare, fino a
renderli insostenibili per la collettività. Banchieri senza patriottismo e
senza decoro, direbbe il buon Napoleone.
Ciò considerato, non
resta affatto complesso intuire il regime di conflitto di interesse che avvolge
le società di rating e le banche di investimento che, giorno dopo giorno,
speculano sul nostro futuro. Pur considerando di interesse generale il lavoro che
una società di rating dovrebbe svolgere, al fine di colmare la naturale
asimmetria informativa esistente tra investitore (risparmiatore) e chi,
invece, ha bisogno di denaro per piani di sviluppo economico, siano essi stati
o industrie, sono del tutto evidenti le criticità che caratterizzano il mondo
della finanza, al punto di rischiare un impoverimento sistemico di intere
economie e aree geografiche.
Ma i limiti delle
agenzie di rating non si esauriscono nel conflitto di interessi in cui sono
avvolte.
Sono innumerevoli gli
errori che commettono e che hanno commesso nel recente passato al punto da
screditare, talvolta, il loro operato.
Errori che in qualche
modo hanno influenzato comportamenti e scelte di istituzioni finanziare e
risparmiatori, determinando, talvolta, la perdita di tutti i risparmi di
migliaia di persone che avevano ponderato le proprie scelte in base ai
rating elaborati dalle agenzie.
I più clamorosi sono
riconducibili proprio al periodo della scoppio della crisi finanziaria iniziata
con il collasso dei mutui sub-prime. In effetti, la crisi del 2008, ha portato
allo scoperto le carenze dei metodi e dei modelli utilizzati dalle
agenzie di rating. Secondo la Proposta di regolamento del Parlamento
Europeo e del Consiglio relativo alle agenzie di rating, "tali
carenze, sarebbero attribuibili in buona misura al carattere oligopolistico del
mercato entro cui le suddette agenzie operano e alla conseguente mancanza
di incentivi a competere sulla qualità del rating” .
In sintesi, le agenzie
di rating, nell’ambito della crisi finanziaria del 2008, sono state messe sotto
accusa sia per aver valutato in origine troppo favorevolmente il rating delle
obbligazioni riconducibili ai mutui di scarsa qualità, sia per non aver
osservato, con la dovuta sollecitudine, la revisione di tali giudizi. Ma in
realtà gli errori delle società di rating partono da ben più lontano.
Era il 2001 quando il
sistema finanziario americano veniva scosso dal caso Enron. In tale circostanza
le società sbagliarono clamorosamente al punto che, fino a tre giorni dal
crack il rating era assolutamente positivo. E anche nelle ore immediatamente
precedenti al default, benché declassate, le valutazioni apparivano comunque
rassicuranti. Due anni dopo fu la volta della Parmalat in cui furono coinvolti
50.000 risparmiatori. Alla Parmalat era stata assegnato un giudizio che
identificava la società come non speculativa.
Nel 2008 si consumano
una vera e propria infinità di errori così sintetizzati:
Il 15 settembre 2008 la
banca d’affari Lehman Brothers dichiara fallimento nonostante, sembrava
godere di ottimo merito creditizio con una qualità del credito più che buona.
Lo stesso giorno le
agenzie declassano AIG, colosso mondiale delle assicurazioni, portando il
rating da AA- a livello A-. Un ottimo giudizio quest’ultimo, se si pensa che a
distanza di soli 2 giorni la Federal Reserve è costretta a concedere un
prestito di 85 miliardi di dollari allo scopo di salvarla dalla Bancarotta.
L’anno precedente è la
volta di Bear Stearns. Era il 15 novembre 2007 quando le agenzie tagliarono il
giudizio da A+ ad A. Nonostante il merito creditizio risultasse eccellente, nel
marzo 2008 la banca sfiora il fallimento e viene salvata da un massiccio
intervento governativo.
Nel 2008 è anche
la volta della Fraddie Mac. Fino al 22 agosto la società godeva del
livello A1 e fu solo a seguito di un intervista di Warren Buffet trasmessa dal
canale finanziario CNBC, che Moody's declassò la banca al rating Baa3. Un
livello molto generoso se si pensa che l’8 settembre dello stesso anno Fraddie
Mac venne nazionalizzata con un altro intervento governativo al fine di
scongiurare il fallimento.
Nello stesso
giorno fu nazionalizzata anche Fannie Mae con il più grande salvataggio
effettuato nella storia americana. Sempre Moody’s, nel febbraio precedente,
aveva assegnato un rating Aaa con out look stabile. Il massimo del merito
creditizio.
Sono questi, alcuni
degli errori di cui si sono macchiate le società di rating nel corso
dell’ultimo decennio. Ho cercato di elencare quelli più clamorosi ma la lista è
ancora lunga. In questo senso, sorge spontanea una domanda inquietante: errore
o malafede? Nonostante un numero considerevole di procure di vari Paesi stiano
tutt'ora indagando, forse non lo sapremo mai. Ma è evidente che è più che
legittimo ipotizzare un intreccio di interessi che non favoriscono né il
mercato, i risparmiatori e forse neanche le stesse agenzie di rating.
Non credo alle teorie
cospirazionistiche che narrano di un complotto dell'asse angloamericano a
discapito dell'eurozona. Al tempo stesso,
penso all'utilità derivante da agenzie di rating che agiscano in modo
autonomo, lontane da conflitti di interesse e che contribuiscano all'efficienza
dei mercati diffondendo giudizi idonei a colmare, in maniera professionale ed
imparziale, l'asimmetria informativa esistente tra chi ha necessità di risorse
finanziarie e chi è investitore, sia esso istituzionale o, a maggior ragione,
piccolo risparmiatore. Il fallimento della Leadership europea è manifesto anche
in quest'ambito, ovvero nella mancata ricerca di soluzioni
favorevoli a dirimere ogni sorta di criticità delle agenzie di giudizio. Ma non
c'è affatto da stupirsi se si considera il limitato quadro
normativo in cui la stessa Banca Centrale Europea è tenuta ad operare (o per
meglio dire a non operare) a difesa della moneta unica.
Il più consigliato di economia su Paperblog
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Bellissimo articolo! Complimenti
RispondiEliminaOnorato del tuo apprezzamento.
RispondiEliminaBravissimo, articolo chiaro, ed esaustivo! Complimnenti
RispondiEliminai risparmiatori dovrebbero sapere cosa succede,gianni
RispondiEliminaOttime riflessioni.
RispondiEliminaCi sono però alcune cose che non mi quadrano (ma la mia analisi è chiaramente più dilettantistica) nelle "teorie del complotto" sulle agenzie di rating:
1. nei casi dei fallimenti delle banche americane dov'è il fine speculativo? Voglio dire, se c'era l'interesse a farle crollare, i downgrade sarebbero stati più tempestivi immagino (e peraltro ben motivati).
2. nelle attuali crisi europee mi sembra troppo facile dare la colpa ai perfidi speculatori. La perdita di credibilità degli Stati ha più a che fare con l'inettitudine di chi li ha guidati, e resi quindi permeabili agli attacchi speculativi (i parassiti difficilmente attaccano un corpo sano).
3. se il banco "salta" anche chi specula ci lascia le penne.
4. le chiacchiere UE su autorità di rating indipendenti mi allarmano sempre ... Indipendenti da cosa? Come? Da fondi privati certo, ma dai Governi più influenti mi pare difficile. E non credo cambierebbe molto, anzi.
5. in tema con le citazioni, a me piace questa: "Never ascribe to malice that which can adequately be explained by incompetence".
Complimenti al tuo blog!
Che ne pensate del buon WALL STEET ITALIA, che anche oggi dopo le dichiarazioni di DRAGHI non vede l'ora di alzare la tensione sul rating pubblicando un articolo in cui l'autorevole e"indipendente" agenzia di rating americana EGAN-JONES declassa il debito italiano a CCC-plus ? E questo ,ormai giornalmente da mesi. come al solito ad inizio di una seduta positiva per borsa e titoli? Sara' che gridare al complotto contro biechi speculatori distorce completamente la realta',ma sarei molto curioso di conoscere la catena di controllo di questa rete di informazione.
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