di Paolo Cardenà -
Quest'oggi l'Istat ha diffuso i dati sulla povertà in
Italia nell'anno 2011 ed è emerso un quadro inquietante.
Secondo quanto riportato
dall'Istituto di statistica:
"Nel 2011, l'11,1% delle famiglie è relativamente povero (per un totale di 8.173 mila persone) e il 5,2% lo è in termini assoluti (3.415 mila). La soglia di povertà relativa, per una famiglia di due componenti, è pari a 1.011,03 euro.La sostanziale stabilità della povertà relativa rispetto all'anno precedente deriva dal peggioramento del fenomeno per le famiglie in cui non vi sono redditi da lavoro o vi sono operai, compensato dalla diminuzione della povertà tra le famiglie di dirigenti/impiegati.In particolare, l'incidenza della povertà relativa aumenta dal 40,2% al 50,7% per le famiglie senza occupati né ritirati dal lavoro e dall'8,3% al 9,6% per le famiglie con tutti i componenti ritirati dal lavoro, essenzialmente anziani soli e in coppia. Tra quest'ultime aumenta anche l'incidenza di povertà assoluta (dal 4,5% al 5,5%).La povertà assoluta aumenta tra le famiglie con persona di riferimento ritirata dal lavoro (dal 4,7% al 5,4%), soprattutto se non ci sono redditi da lavoro e almeno un componente è alla ricerca di occupazione (dall'8,5% al 16,5%).L'incidenza di povertà assoluta cresce anche tra le famiglie con a capo una persona con profili professionali e/o titoli di studio bassi: famiglie di operai (dal 6,4% al 7,5%), con licenza elementare (dall'8,3% al 9,4%) o di scuola media inferiore (dal 5,1% al 6,2%).Peggiora la condizione delle famiglie con un figlio minore, sia in termini di povertà relativa (dall'11,6% al 13,5%), che di povertà assoluta (dal 3,9% al 5,7%)."
Tradotto:
In Italia si sta marciano speditamente verso la
povertà e questi dati sono destinati ad aggravarsi nel 2012, stando il quadro
congiunturale in forte peggioramento rispetto al 2011.
La profonda crisi che ci sta
attraversando, sta esprimendo tutta la sua violenza nella compressione della
capacità di reddito e si abbatte in maniera impetuosa proprio sulle classi più
deboli, determinandone l'impoverimento. Con i redditi drammaticamente diminuiti e con una
capacità di spesa erosa sia dal forte inasprimento fiscale che da fenomeni
inflattivi, la famiglia media italiana risulta sempre più povera, allontanandosi velocemente dai livelli di benessere finora conosciuti. In tale contesto,
risultano del tutto inadeguate ed insufficienti le forme di sostegno al
reddito previste, poiché non conciliabili con la profondità e con i tempi
della crisi.
Con tassi di disoccupazione
allarmanti e prossimi a livelli tipici di una grande depressione - conseguenza
diretta del processo di deindustrializzazione in atto nel Paese
che, riforma o non riforma del lavoro, renderà difficoltoso (per usare un
eufemismo) e certamente non immediato il riassorbimento delle sacche di
disoccupati - l'Italia si sta avvitando e rischia di mangiare se
stessa. Per il momento, le famiglie italiane sono state soccorse anche dallo
stock del risparmio posseduto che, in taluni casi, ha consentito l'integrazione o addirittura la sostituzione del reddito. Ma questo baluardo sta venendo meno stando anche le avverse condizioni dei mercati finanziari che stanno lacerando i
portafogli di investimento delle famiglie.
Come uscirne? Occorre un ripensamento
profondo dell'Italia e considerato che le scarse
economie realizzate con i tagli alla spesa statale proposti dal Governo, non
vanno a favorire una riduzione delle
imposte e quindi una maggiore capacità di spesa della popolazione, ma solo a
colmare buchi di bilancio che rischiano comunque di riprodursi a causa dell'avvitamento
economico in atto, risulta indispensabile promuovere una una
grande operazione di ridistribuzione di reddito e ricchezza tale da favorire
una forte riduzione delle imposte che gravano sui redditi più bassi sia di natura
dipendete che di impresa. A ciò dovrà affiancarsi un programma di forte riduzione della spesa pubblica e un differimento
del debito pubblico in scadenza tale da
consentire un minor ricorso ai mercati per i prossimi anni e
un allentamento delle politiche di rigore i cui obiettivi, allo stato attuale,
rischiano di portare un impoverimento diffuso e distruttivo che sarà destinato a colpire anche gli interessi dei nostri creditori. Perseguire la soluzione appena proposta è interesse di tutti (anche dei nostri creditori), ma occorre audacia, coraggio e umiltà! Virtù che purtroppo non albergano nelle menti e negli animi dei nostri governanti.
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Condivido quasi tutto, mi permetto di dissentire sul "come uscirne" e cioè la diminuzione delle imposte e contemporanea forte diminuzione della spesa pubblica, perchè tale manovra, seppur forse efficace nel lungo periodo, nel breve periodo (nell'immediato) non farebbe che acuire (di brutto) la crisi. Al contrario aumentiamo la spesa pubblica e aspettiamo momenti migliori per tagliarla! Se all'economia, a questa economia, togli anche la spesa pubblica qui si rischia che crolla tutto (ed effettivamente è ciò che sta avvenendo).
RispondiEliminaVerissimo ciò che dici, ma con una maggiore capacità di spesa della popolazione, si genererebbero delle dinamiche virtuose per per il ciclo economico che mitigherebbero gli effetti recessivi causati dal taglio della spesa che comunque non dovrebbe avvenire in modo indiscriminato
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