di Paolo Cardenà -
Proprio venerdì scorso, l'Inps ha
comunicato i dati relativi alle domande di cassa integrazione del mese di marzo
e di mobilità del mese di febbraio. Queste ultime, sono state pari a 80.693, con un balzo dell'8.7% rispetto al mese
precedente, mentre le ore di cassa integrazione autorizzate sono state 99.7
milioni con un incremento del 21.6% rispetto a febbraio. Tuttavia, l'Inps non ha
dimenticato di segnalare che la CIG, nel
mese di marzo, ha comunque registrato un
calo rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente dell1.8%.
Il decremento, in realtà, è da addebitarsi al fatto che una moltitudine
considerevole di cassa integrati, dal periodo marzo 2011 a marzo 2012,
verosimilmente, sono passati a miglior vita (si fa per dire) poiché divenuti
disoccupati. Questo è facilmente intuibile anche dal dato sulla disoccupazione
balzato al 9.3%, il quale, giova ricordare, non contempla in alcun modo i
soggetti cassa integrati, benché in stato di "inattività" o comunque di non lavoro.
I dati, in entrambi i casi, ci segnalano una forte contrazione
della domanda di lavoro indicandoci che, nei prossimi mesi, verosimilmente, il
livello di disoccupazione tenderà a consolidarsi verso livelli record
poiché, è del tutto possibile che parte dei lavoratori in cassa integrazione
diventeranno disoccupati in pianta stabile,
visto che non è del tutto remota la possibilità che questi risultino
in forza ad aziende che non avranno, in alcun modo, la capacità di rialzarsi da
questa crisi e che pertanto cesseranno di esistere determinando fenomeni di
disoccupazione di massa.
E' questa la lettura che può essere
data ai dati segnalati dall'Inps anche in considerazione delle dinamiche che stanno
confermando il forte deterioramento del quadro economico in Italia, dove è in
corso un processo di deindustrializzazione
e di delocalizzazione a favore di aree geografiche nelle quali risulta più profittevole fare
impresa.
Nel frattempo, apprendiamo che il
Governo Monti, con diabolica perseveranza, intende finanziarie la riforma del
(non)lavoro, attraverso l'ennesima stretta fiscale che, questa volta, colpirà anche
la già ridotta deducibilità delle autovetture aziendali. In particolare, risulterebbe
che nelle intenzioni del Governo risieda la deprecabile idea di ridurre ulteriormente la percentuale di deducibilità delle
autovetture in uso ad aziende e professionisti, portandola al 27,5%
dall'attuale 40%. Questo,oltre a determinare un carico fiscale sensibilmente superiore
per le imprese, contribuirà a comprimere ulteriormente la già limitata domanda
di tali beni poiché fiscalmente meno incentivanti, con ovvie ricadute in
termini occupazionali su tutto l'indotto del settore auto che già viaggia ad un
passo dal trapasso.
Pur dando per scontato che
l'Italia, nel prossimo futuro, dovrà necessariamente ristrutturare il proprio
debito ( default), la cosa sorprendente è la sollecitudine con cui il governo intende arrivare a tale evento, ponendo in essere pratiche e provvedimenti
volti ad abbattere, completamente e in tempi rapidi, la struttura produttiva ed industriale del paese
che, almeno potenzialmente, avrebbe potuto sopportare tempi più lunghi. Dei
veri tecnici, direi.
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