di Paolo Cardenà-
Nei giorni scorsi mi sono volontariamente astenuto dal dibattito economico sulle (non) novità proveniente dalla Grecia e relative all'adesione dei privati allo scambio di titoli (swap), per la ristrutturazione del debito ellenico.
Nei giorni scorsi mi sono volontariamente astenuto dal dibattito economico sulle (non) novità proveniente dalla Grecia e relative all'adesione dei privati allo scambio di titoli (swap), per la ristrutturazione del debito ellenico.
Il dibattito, animato un po' da tutti i giornali
nazionali, sostanzialmente, si limitava a scommettere sul livello di adesione
dei privati (banche, fondi comuni, fondi pensione ecc) all'offerta di scambio e
quindi, sul fallimento o meno dello stato ellenico. Stamane, proprio mentre
tutti i giornali sprecano fiumi di inchiostro raccontando del successo (si fa
per dire) dello swap e titolando che la Grecia è salva (secondo loro), direi che è
opportuno riflettere sull'attendibilità di queste notizie e ritengo doveroso offrirvi
un piccolo contributo.
La Grecia è fallita e lo è già da molto tempo.
Ma questa, almeno per chi segue questo sito, non è una novità. Uno Stato
sovrano che minaccia il default strong obbligando, di fatto, i creditori
privati ad aderire ad uno swap sui titoli del debito sovrano e imponendo un
taglio di oltre il 50% del valore, è un default a tutti gli effetti. E lo
è per definizione. La novità che invece si registra (ma anche questa, a dire il
vero, non sarebbe neanche una novità), è che l'Europa fa finta che ciò non sia
vero poiché, l'ammissione dello stato di insolvenza, equivarrebbe ad ammettere
il fallimento di tutta architettura europea incapace, per quasi tre anni, di
produrre una soluzione di effettivo salvataggio del paese ellenico che,
per dovere di cronaca, rappresenta, nel contesto europeo, ben poco sia in termini
di popolazione che di PIL.
In realtà,
se passasse al mercato un simile messaggio, questo, reagirebbe subito negandoci la già precaria fiducia e, se non fosse per la liquidità pompata nel sistema dalla BCE con i due finanziamenti, ci farebbe letteralmente a pezzi. Soprattutto a noi
italiani poiché, i mercati si interrogherebbero sulle effettive capacità delle
istituzioni europee di salvare l'Italia con i suoi 1900 miliardi debito
pubblico, visto che questa missione non è riuscita per un paese piccolo
come la Grecia, dopo quasi tre anni di inconcludenti summit e tavole rotonde
fallimentari che hanno solo aggravato la tragedia greca. Ecco qua giustificati
i miserabili compiacimenti espressi un pò da tutta la nomenclatura politica
europea che cela, dietro un falso ottimismo, la loro inesorabile bocciatura.
State pur certi che la vicenda Greca non è affatto conclusa. Così come non lo è
l'ipocrisia collettiva.
Nessun commento:
Posta un commento