Egregio Presidente Monti,
prima di iniziare
questa breve riflessione vorrei, preliminarmente, rappresentarLe tutto il mio
apprezzamento per il coraggio da Lei espresso nel farsi carico delle grandi
responsabilità derivanti dal Suo ruolo che, come dovrebbe essere a tutti noto,
è reso ancor più difficile dalla precarietà in cui versa lo Stato
Italiano dopo decenni di vero abbandono, da parte di quei politicanti che hanno
contribuito alla rapina collettiva, perpetrata a danno del futuro degli
italiani.
Benché io
comprenda, in toto, tutte le difficoltà che sta riscontrando nel
condurre la Sua missione, non posso in alcun modo esimermi dal rappresentarLe
tutto il mio stupore per alcuni Suoi provvedimenti, dei quali, pur
pensando e ripensando, a dire il vero, mi sfugge la coerenza con taluni
principi cardine, ispiratori della Sua azione di Governo: rigore, crescita,
equità.
Certo che la
situazione che si è trovato davanti, al suo ingresso a palazzo Chigi, non
lasciava altra strada se non quella di imprimere, o per meglio dire
imporre, soluzioni di rigore. Ciò anche al fine - immagino - di segnare
una netta discontinuità con il Governo passato. Questo è
già sicuramente visibile. E altrettanto percepibile sarà nelle
tasche degli italiani, già da questo anno e negli successivi, quando avranno
effetto, in maniera simultanea, sia le manovre estive precedenti, che la Sua,
varata lo scorso dicembre. Ma a sollevarLa dalla responsabilità del
feroce perseguimento di politiche di rigore è intervenuto, ad aiutarLa,
anche il (l'inutile) Fiscal Compact, a mio avviso, non del tutto
strumentale alla soluzione della crisi del debito, tenuto conto che, il patto,
si basa sui principi postulati dall'ortodossia tedesca, per nulla importabili
e applicabili dai Paesi che, per sua natura, peculiarità e caratteristiche, non godono di un
tessuto economico e sociale come quello germanico, idoneo ad assorbire il
rigore imposto del patto, anche nei periodi di bassa crescita, o peggio, di
contrazione economica prolungata, come nel caso attuale. Il
caso Grecia, in tal senso, fa scuola. Analogo discorso può
osservarsi anche per quel che concerne la costituzionalizzazione del
principio del pareggio di bilancio postulata dal Suo predecessore al Ministero
dell'economia ed ora, non per nulla, chiamato il Timoniere del Titanic.
Al riguardo, ritengo che il c.d. principio del pareggio di bilancio, sia già
scritto nello spirito delle norme costituzionali, ed insito, naturalmente,
nella diligenza e nella responsabilità di ogni governante poiché, a parer
mio, questo obiettivo, dovrebbe essere conseguenza naturale di ogni buona
azione di governo. Ma anche questo aspetto, è sicuramente indice del
livello della nostra classe dirigente che, ammesso che ci si riesca, ha bisogno
di norme di rango costituzionale per "incarnargli " quei principi
naturali di buon governo che dovrebbero geneticamente appartenere ad ogni
buon governante. Ma ritornando al nostro discorso, sicuramente la rigidità e
l'ampiezza delle Sua manovra che, come da Lei anticipato, imporrà agli italiani
grandi sacrifici, unita al suo spessore politico, professionale ed umano, Le
(ci) ha consentito di sedere con più peso e con maggior credibilità nelle
tavole rotonde europee, dove si consumano, con inaudita frequenza
ed altrettanta inutilità, inconcludenti summit che, come si è visto, sono
finiti per determinare il fallimento delle Grecia. Lei sa benissimo che questa
credibilità, solo apparentemente riconquistata, è pronta a vacillare alla
prossima tornata di boa, quando qualcuno si accorgerà che nulla è stato fatto
di credibile e risolutorio per arginare la crisi del debito. Ritornando al Suo
rigore, è proprio su questo che vorrei soffermarmi e chiederLe se magari non fosse
stato il caso di andarci un pò più cauti
nell'usare la leva impositiva per far quadrare i conti, tenuto in debito conto,
il grande sacrificio già richiesto precedentemente agli italiani. Come Lei
sicuramente saprà, dall'alto della Sua carriera accademica e della Sua
ineffabile carriera professionale e come peraltro il caso Grecia (ma non
solo) ci ha insegnato, continue politiche di austerità non fanno altro
che comprimere il reddito spendibile di famiglie ed imprese, determinando
continue contrazioni dei consumi e quindi cadute del PIL, riproponendo
così la necessità di varare nuove manovre rischiando di favorire un circolo
vizioso, che contrasta con il circolo virtuoso di cui l'economia italiana
ha bisogno imprescindibile. Non solo. Viste le costanti rivisitazioni al
ribasso della congiuntura economica a cui siamo stati abituati e considerata
l'impossibilità cronica di esprimere valori di crescita del PIL in sintonia con
l'ampiezza del nostro debito, occorrerebbe farsi un bel bagno di
ottimismo per sostenere che non sarà necessario approntare nuove manovre.
Il tutto, ovviamente, considerando anche il deteriorarsi del quadro economico
internazionale che non appare dei più confortanti. Accertata comunque
l'impossibilità dei agire sulla spesa pubblica improduttiva, poiché avrebbe
presupposto dei tempi non conciliabili con la gravità della situazione che Lei
si è trovato a governare, mi chiedo se non fosse stato davvero più equo ed
economicamente utile, ipotizzare l'applicazione di una imposta patrimoniale sui
grandi patrimoni, al fine di abbattere di qualche centinaio di miliardi di euro
lo stock del debito pubblico, o magari usare un po' più fantasia nel
perseguimento di criteri di rigore,equità e crescita. Tale soluzione trova anche il sostegno di una diffusa platea di eminenti economisti che avrebbero
auspicato una soluzione di questo tipo e sicuramente, a quei tempi, sarebbe potuta esser fatta su una base imponibile maggiore, visto il flusso di denaro che ogni giorno varca il confine italo-svizzero.Oppure, considerando il venir meno del patto fiscale con i contribuenti che hanno aderito allo scudo fiscale, perchè non pretendere, da questi, un contributo maggiore avvicinando così il prelievo a quello degli altri Paesi (oltre il 30%) che hanno adottato misure analoghe? Magari, il plus ottenuto, sarebbe potuto essere utilizzato per varare misure di sviluppo. Tuttavia, ora che un po' tutte le
testate giornalistiche hanno parlato della Sua manovra per oltre due mesi,
spendendo fiumi di inchiostro, io e Lei possiamo tranquillamente confidarci
che la Sua, non è affatto una manovra differente da quelle pensate dai
suoi predecessori e che , con imbarazzante ritualità, hanno colpito i soliti noti:
la classe disagiata e quella media del paese. E certo perchè, se con
balzelli fiscali, Lei mi aumenta sempre le accise sui carburanti o altri
beni di largo consumo, è evidente che l'erario potrà contare su una base
imponibile ampia poiché caratterizzata dalla necessità che ha la massa di
ricorrere comunque all'acquisto di taluni beni, oggetto dell'inasprimento
fiscale. Ma è altrettanto vero che si finisce sempre per bussare alle casse dei
soliti noti, già peraltro monotone, tanto per usare un espressione a Lei
cara. Così, a titolo di esempio non esaustivo - e qui veniamo all'equità
- il carburante consumato da un pensionato per recarsi a fare una visita
medica, mi sembra giusto che costi lo stesso prezzo del carburante utilizzato
dal manager pubblico - che guadagna milioni di euro - per recarsi al suo posto
di lavoro, e che talvolta, come tutti sappiamo, si traduce in un luogo ove vengono curati interessi personali e non della collettività. Per carità Presidente Monti, non vorrei sembrarLe populista
con i miei ragionamenti e comprendo benissimo che il sentiero entro il quale si
è mosso, era fin troppo stretto per permettersi soluzioni di meno impatto sui
soliti noti. Tanto è vero che Le riconosco comunque il merito di aver varato
una riforma delle pensioni epocale. Ma anche in questo caso, sarà pure un
mio limite, mi sfugge qualcosa: se si allunga l'età di
pensionamento delle persone che stanno in servizio, come si fa a liberare dei
posti da assegnare ai giovani disoccupati che hanno raggiunto, anche in questo
caso, livelli allarmanti? Certo, per Lei sarà senz'altro semplice rispondermi.
Immagino che mi dirà che le sacche di disoccupazione giovanile, dovranno essere
riassorbite avviando un percorso vigoroso di crescita economica, tale da
creare occupazione. Ma anche in questo caso, - e qui veniamo alla crescita
- a me pare che su questo fronte non sia stato fatto granché. In realtà, le timide liberalizzazioni, peraltro pesantemente
emendate in sede di conversione del decreto, non sembrano essere le grandi
liberalizzazioni di cui l'Italia ha bisogno e che, almeno nella fantasia
collettiva, un pò tutti si aspettavano. Queste appaiono deboli, non coraggiose,
prive di vere logiche liberalizzatrici e soprattutto non del tutto contrapposte
a quegli interessi corporativi da Lei stesso più volte denunciati. Per
non parlare poi dei presunti stimoli introdotti dal Suo governo per favorire
l'iniziativa imprenditoriale. Mi riferisco - Lei lo sa benissimo - alla nuova società
a responsabilità limitata, con capitale sociale di 1 euro e destinata agli
under 35. A tal proposito, tanto per chiarirsi un po' le idee, credo valga la
pena offrirLe un mio modesto ragionamento. In primis, se un aspirante
imprenditore, non ha la disponibilità di 2500,00 euro per costituire una
società a responsabilità limitata, forse è meglio suggerirgli, sempre per il
suo bene, di cambiare aspirazione e dirottare i sui interessi lavorativi e
professionali alla ricerca di rapporti di lavoro subordinato, sempre
ammesso che ci sia una richiesta di occupazione che comunque non c'è. E poi, rimane
sempre il fatto che l'età avanza, e anche i giovani imprenditori che hanno dato
vita a questa nuova forma societaria, prima o poi, ce lo auguriamo, dovranno arrivare
al compimento dei 35 anni e diverranno, da un giorno all'altro, vecchi per
l'impresa da loro creata. In tal senso appaiono quantomeno singolari le
soluzioni proposte dal decreto: essere esclusi dalla società (creata da se
stessi), oppure trasformare la società in una società di persone o anche in una
Srl ordinaria. Soluzioni che, sempre a parer di chi scrive, rispecchiano tutta
la confusione esistente in questa Italia, incapace di ricercare ed esprimere
soluzioni semplici ed organiche, neanche di fronte alla semplicità di spicciole
problematiche. Mi chiedo - e per carità non lo prenda come un suggerimento; non
mi permetterei mai- se non fosse stato più incentivante, per gli aspiranti
imprenditori, eliminare l'obbligo del versamento degli acconti di imposta per i
primi anni (vera spada di Damocle già dal secondo anno di attività); oppure,
prevedere un'aliquota fiscale più agevolata e perché no, anche la certezza
delle disciplina fiscale o addirittura favorire politiche di venture capital
. Soluzioni queste, a parer mio, più incentivanti della nuova SRL.
Ma so che sarebbe stato chiedere troppo e quindi ci accontentiamo anche della
società con il capitale sociale di 1 euro. Anche se, mi pare di aver sentito da
qualche parte, forse in un'altra vita, che uno dei problemi delle
imprese italiane fosse la sottocapitalizzazione. Ma probabilmente , lo avrò
sognato di notte, dopo aver fatto qualche stravizio a cena.
In ultimo,
Egregio Presidente, venendo ai giorni nostri, sarà anche questo un mio limite,
ma non riesco affatto a comprendere tutto questo accanimento sulla riforma del
mercato del lavoro di cui tanto si dibatte in questi giorni. Vede Presidente, a
questo punto, viste le dinamiche della congiuntura economica e i dati che ogni
giorno ci giungono segnalandoci, senza alcuna indulgenza, l'inesorabile declino
della nostra Nazione, a par mio, la flessibilità sul lavoro è elemento del
tutto secondario, poichè il problema di fondo è il lavoro stesso e la
possibilità di impiego che appaino del tutto latenti.
Detto ciò,
caro Presidente Monti, con infinito rispetto, mi permetto di congedarLa
dall'ulteriore lettura dei miei pensieri, che in fin dei conti rappresentano
ben poca cosa, con l'augurio che il tempo acquistato dalla BCE, con le due
operazioni di finanziamento a favore delle Banche, massima espressione del Suo
concetto di equità, Le sia utile ad intervenire con più decisione, rigore e
fantasia, sulle questioni note ormai a tutti e che sono all'origine del nostro
disastro e delle generazioni future. In ultimo, concludo, nel confermarLe tutto
il mio apprezzamento per l'impegno da Lei profuso, comprendendo benissimo che
l'unica vera alternativa alla Sua persona e al Suo Governo, è il Fondo Monetario Internazionale.
L'anno vecchio è finito ormai, ma qualcosa ancora qui non va. Buon lavoro.
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