Come avevo reiteratamente
segnalato nei post precedenti, continua in maniera spregiudicata l’utilizzo del finanziamento
ottenuto dalle banche italiane da parte della BCE lo scorso 21 dicembre.
Per i meno edotti in materia e altrettanto non
attendi alla vicenda, ritengo opportuno
ripercorrere sinteticamente la vicenda che può essere così riassunta.
Lo scorso 21 dicembre le banche
europee hanno ottenuto circa 489 miliardi di euro di finanziamento dalla BCE
per tre anni al tasso agevolatissimo dell’1%. Di questi, circa 116 miliardi
sono andati alle banche italiane.
Lo spirito di tale finanziamento
era quello di attenuare il Credit Crunch in atto sul sistema bancario e favorire così il finanziamento di famiglie ed imprese soffocate, oltre che dalla
crisi economica, anche dalla stretta creditizia operata dalle banche.
In realtà, nel cuore di Mario
Draghi, albergava anche la speranza che parte di tali risorse fossero state
utilizzate per l’ acquisto di titoli di stato. Tale speranza non è stata affatto delusa.
In vero, le ultime aste dei
titoli di stato italiani, hanno registrato un apprezzabile riduzione dei tassi
di interesse, soprattutto nelle scadenze comprese nel periodo di copertura del
finanziamento della Bce dove il calo è risultato più marcato. Infatti, come già
segnalato in altro post, ciò sta a significare che le banche stanno utilizzando
il finanziamento per sottoscrivere titoli del tesoro a tassi vicini al 6/7%,
lucrando non poco con la sola attività di funding, tenuto conto che il costo
del finanziamento ottenuto è di appena l’1%.
Ma ciò che è più inquietante è
che le banche stanno utilizzando tali risorse anche per acquistare obbligazioni
proprie emesse precedentemente, e che oggi
prezzano livelli
significativamente più bassi per effetto delle perdite subite dal mercato
obbligazionario. Obbligazioni che, se portate a scadenza, sarebbero rimborsate
alla pari. In realtà, come anticipato
nella giornata di ieri da Il sole 24 ore ed ipotizzato in un mio post precedente, Unicredit avrebbe lanciato un operazione di riacquisto
delle proprie obbligazioni a prezzi estremamente vantaggiosi, con l’ovvia
conseguenza di generare notevoli plusvalenze da iscrivere in bilancio, ma anche
altrettanti perdite per quei risparmiatori che, colti anche da timori (non del
tutto infondati) sul futuro dei propri
risparmi e privi di qualsiasi cultura finanziaria, intendono rivendere i titoli all’emittente.
Sempre secondo quanto riportato
dal quotidiano economico, quello di Unicredit non sarebbe un caso isolato.
Infatti, si ritiene che anche altre banche del calibro di Monte Paschi, Ubi e
BancoPopolare, possano seguire le stesse orme della banca di Piazza Cordusio,
per importi addirittura superiori.
Va evidenziato che tutto ciò si
sta consumando mentre le stesse banche, stanno significativamente inasprendo le
condizioni praticate ad aziende nell’ambito di operazioni di smobilizzo di crediti commerciali e talvolta,
quadruplicano gli interessi pretesi solo fino a qualche mese fa per talune
operazioni, adducendo come giustificazione il fatto (non vero) che il costo
della raccolta fondi è aumentato per effetto delle tensioni sul mercato
obbligazionario.
E’ del tutto evidente che le
conseguenze di tali politiche di credito, rischiano di acuire ancor di più la
crisi in atto, mettendo a repentaglio migliaia di aziende che rischiano di
essere spazzate via, tra l'altro, anche per effetto dell’inasprimento , non giustificato,
delle condizioni di credito. Sembrerebbe proprio che le banche abbiano sposato in toto concetto evocato dai saggi latini: mors tua via mea.
Nessun commento:
Posta un commento